Quando il sughero pesava
e la pietra era leggera
come il ricciolo dell'ava
c'era, allora, c'era... c'era...
... una
principessa chiamata Nevina che viveva sola col padre Gennaio.
Lassù, nel candore perpetuo, abbagliante, inaccessibile agli uomini, il Re
Gennaio preparava la neve con una chimica nota a lui solo; Nevina la modellava su piccole
forme tolte dagli astri e dagli edelweiss, poi, quando la cornucopia era piena, la vuotava
secondo il comando del padre ai quattro punti dell'orizzonte. E la neve si diffondeva sul
mondo.
Nevina era pallida e diafana, bella come le dee che non sono più: le sue
chiome erano appena bionde, d'un biondo imitato dalla Stella Polare, il suo volto, le sue
mani avevano il candore della neve non ancora caduta, l'occhio era cerulo come l'azzurro
dei ghiacciai.
Nevina era triste.
Nelle ore di tregua, quando la notte era serena e stellata e il padre Gennaio
sospendeva l'opera per dormire nell'immensa barba fluente, Nevina s'appoggiava ai
balaustri di ghiaccio, chiudeva il mento tra le mani e fissava l'orizzonte lontano,
sognando.
Una rondine ferita che valicava le montagne, per recarsi nelle terre del sole,
era caduta nelle sue mani, che avevano tentato invano di confortarla; nei brividi
dell'agonia la rondine aveva delirato, sospirando il mare, i fiori, i palmizi, la
primavera senza fine. E Nevina da quel giorno sognava le terre non viste.
Una notte decise di partire. Passò cauta sulla barba fluente di Gennaio,
lasciò il ghiaccio e la neve eterna, prese la via della valle, si trovò fra gli abeti.
Gli gnomi che la vedevano passare diafana, fosforescente nelle tenebre della foresta,
interrompevano le danze, sostavano cavalcioni sui rami, fissandola con occhi curiosi e
ridarelli.
- Nevina!
- Nevina! Dove vai?
- Nevina, danza con noi!
- Nevina, non ci lasciare!
E gli Spiritelli benigni le facevano ressa intorno, tentavano di arrestarle il
passo abbracciandole con tutta forza la caviglia, cercavano di imprigionarle i piedi
leggeri entro rami d'edera e di felce morta.
Nevina sorrideva, sorda ai richiami affettuosi, toglieva dalla cornucopia
d'argento una falda di neve, la diffondeva intorno, liberandosi dei piccoli compagni di
gioco. E proseguiva il cammino diafana, silenziosa, leggera come le dee che non sono più.
Giunse a valle, fu sulla grande strada.
L'aria si mitigava. Un senso d'affanno opprimeva il cuore di Nevina; per
respirare toglieva dalla cornucopia una falda di neve, la diffondeva intorno, ritrovava le
forze e il respiro nell'aria fatta gelida subitamente.
Proseguì rapida, percorse gran tratto di strada. Ad un crocevia sostò in
estasi, con gli occhi abbagliati. Le si apriva dinnanzi uno spazio ignoto, una distesa
azzurra e senza fine, come un altro cielo tolto alla volta celeste, disteso in terra,
trattenuto, agitato ai lembi da mani invisibili. Nevina proseguì sbigottita. La terra
intorno mutava. Anemoni, garofani, mimose, violette, reseda, narcisi, giacinti,
giunchiglie, gelsomini, tuberose, fin dove l'occhio giungeva, dal colle al mare, mal
frenati dai muri e dalle siepi dei giardini, i fiori straripavano come un fiume di petali
dove emergevano le case e gli alberi.
Gli ulivi distendevano il loro velo d'argento, i palmizi svettavano diritti,
eccelsi come dardi scagliati nell'azzurro.
Nevina volgeva gli occhi estasiati sulle cose mai viste, dimenticava di
diffondere la neve; poi l'affanno la riprendeva, toglieva una falda, si formava intorno
una zona di fiocchi candidi e d'aria gelida che le ridava il respiro. E i fiori, gli
ulivi, le palme guardavano pur essi con meraviglia la giovinetta diafana che trasvolava in
un turbine niveo e rabbrividivano al suo passaggio.
Un giovane bellissimo, dal giustacuore verde e violetto, apparve innanzi a
Nevina, fissandola con occhi inquieti, vietandole il passo:
- Chi sei?
- Nevina sono. Figlia di Gennaio.
- Ma non sai, dunque, che questo non è il regno di tuo padre? Io sono
Fiordaprile, e non t'è lecito avanzare sulle mie terre. Ritorna al tuo ghiacciaio, pel
bene tuo e pel mio!
Nevina fissava il principe con occhi tanto supplici e dolci che Fiordaprile si
sentì commosso.
- Fiordaprile, lasciami avanzare! Mi fermerò poco. Voglio toccare quella neve
azzurra, verde, rossa, violetta che chiamate fiori, voglio immergere le mie dita in quel
cielo capovolto che è il mare!
Fiordaprile la guardò sorridendo; assentì col capo:
- Andiamo, dunque. Ti farò vedere tutto il mio regno.
Proseguirono insieme, tenendosi per mano, fissandosi negli occhi, estasiati e
felici. Ma via via che Nevina avanzava, una zona bigia offuscava l'azzurro del cielo, un
turbine di fiocchi candidi copriva i giardini meravigliosi. Passarono in un villaggio
festante; contadini e contadine danzavano sotto i mandorli in fiore. Nevina volle che
Fiordaprile la facesse danzare: entrarono in ballo; ma la brigata si disperse con un
brivido, i suoni cessarono, l'aria si fece di gelo; e dal cielo fatto bigio cominciarono a
scendere, con la neve odorosa dei mandorli, i petali gelidi della neve, la vera neve che
Nevina diffondeva al suo passaggio. I due dovettero fuggire tra le querele irose della
brigata. Giunti poco lungi, volsero il capo e videro il paese di nuovo festante sotto il
cielo rifatto sereno...
- Nevina, ti voglio sposare!
- I tuoi sudditi non vorranno una regina che diffonde il gelo.
- Non importa. La mia volontà sarà fatta.
Avanzarono ancora, tenendosi per mano, fissandosi negli occhi, immemori e
felici... Ma ad un tratto Nevina s 'arrestò coprendosi di un pallore più diafano.
- Fiordaprile! Fiordaprile! ... Non ho più neve!
E tentava con le dita - invano - il fondo della cornucopia.
- Fiordaprile! ... Mi sento morire! .. . Portami al confine... Fiordaprile!...
Non reggo più!...
Nevina si piegava, veniva meno. Fiordaprile tentò di sorreggerla, la prese
fra le braccia, la portò di peso, correndo verso la valle.
- Nevina! Nevina!
Nevina non rispondeva. Si faceva diafana più ancora. Il suo volto prendeva la
trasparenza iridata della bolla che sta per dileguare.
- Nevina! Rispondi!
Fiordaprile la coprì col mantello di seta per difenderla dal sole ardente,
proseguì correndo, arrivò nella valle, per affidarla al vento di tramontana.
Ma quando sollevò il mantello Nevina non c'era più. Fiordaprile si guardò
intorno smarrito, pallido, tremante. Dov'era? L'aveva perduta per via? Alzò le mani al
volto, in atto disperato; poi il suo sguardo s'illuminò. Vide Nevina dall'altra parte
della valle che salutava con la mano protesa in un addio sorridente.
Un suo vecchio precettore, il vento di tramontana, la sospingeva pei sentieri
nevosi, verso il ghiaccio eterno, verso il regno inaccessibile del padre Gennaio.

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